Teatri di Pietra Casertano 2014 ... una riflessione oggi

Teatri di Pietra Casertano 2014 ... una riflessione oggi.

Dall' appunto del 2013 ...  una riflessione oggi.

Si è fatto Teatri di Pietra nel Casertano,
a Santa Maria Capua Vetere,
all'Anfiteatro Campano,
con la concessione della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta,
con il contributo del Comune di S.M.Capua Vetere,
riconoscimento importante perchè dal 1999 al 2008, l'allora Amministrazione Comunale non aveva mai contribuito alle 10 edizioni realizzate all'Anfiteatro, e in questo momento di estrema difficoltà per il Paese e le cittadinanze - non meno per la cultura - , questo ha un valore e un significato ben più ampio che non quello di "contributo".

A parte i risultati, 980 spettatori da borderò, un programma apprezzato e gemellato con Napoli, due produzioni in prima nazionale, la promozione dell'Anfiteatro e della città di S.M.Capua Vetere a livello regionale e nazionale attraverso un'importante presenza sui media, l'inserimento della manifestazione nel progetto nazionale promosso dalla Dir.ne Generale per la Valorizzazione del MIBACT " e quindi uscimmo a rivedere le stelle..."


alcune evidenze:
- Teatri di Pietra torna all'Anfiteatro Campano  dopo una sospensione di cinque anni per inagibilità dell'arena e la situazione non è mutata;
 - l'area archeologica transennata è per gran parte inagibile;
 - la non promozione della manifestazione da parte della Soprintendenza competente, malgrado la concessione d'uso ;
 - l'assenza di un coordinamento  e di un indirizzo complessivo all'attività svolte nell'area archeologica da parte dell'ente competente per demanio, vista  la presenza di più eventi a titolarità differente;

alcune riflessioni:
 - l'attività di valorizzazione all'interno delle aree archeologiche e monumentali sembra essere intesa come "ammortizzatore sociale" per i lavoratori dipendenti interessati... per cinque manifestazioni il personale di tutela ha un costo di 6280 pari a circa 1/3 dell'eventuale contributo pubblico e pesa del 12% sui costi complessivi ed equivale a due terzi dei proventi sugli incassi ( prevedibili vista la capienza prescritta " non superiore a 300 spettator" e un biglietto d'ingresso calmierato);
- l'ampliamento del lavoro di un dipendente pubblico ( lo straordinario) per il compito di tutela - va retribuito, ma il lavoro di valorizzazione non trova alcun riconoscimento seppure entrambi i compiti/funzioni sono a capo dello stesso soggetto;
 - la sostanziale non predisposizione del patrimonio ad ospitare pubblico e visitatori ( e non solo quello delle manifestazioni) vista l'assenza di manutenzione ordinaria e di arredo dell'area...., taglio dell'erba, raccolta dei rifiuti, illuminazione dei percorsi, rimozione degli ostacoli...con la conseguente levitazione dei costi di predisposizione e di adeguamento delle aree per la fruizione, indipendentemente le finalità della fruizione;
 - lo scollamento sostanziale da parte degli organi periferici dalle direttive dell'Amministrazione centrale che - senza riferirsi ai recenti provvedimenti (Bray, Franceschini), hanno sostanza legislativa nel Codice del Paesaggio di cui viene recepita la norma prescrittiva e non l'indirizzo ..

Non c'è alcuna recriminazione, come non c'è alcun ricerca di colpevolezza , come è impossibile capire chi sia responsabile e di cosa.....

Il fatto rilevante  è che i territori e le proprie Amministrazioni possono , - se vogliono - (e Santa Maria Capua Vetere lo dimostra con le numerose iniziative attivate) fare la differenza e superare questa stato "d'impotenza storica" nei confronti del patrimonio storico e monumentale, ereditato da un sistema stratificato di consuetudini, equivoci, scaricabarile  e soprattutto di approssimazioni.

La questione è semplice, bisognerebbe partire dai fatti e chiamarli con il proprio nome:
fruizione e valorizzazione, consumo culturale e produzione culturale, coordinamento e direzione artistica, manutenzione ordinaria e straordinaria, manifestazione e progetto, realtà locale o nazionale, interesse privato e bene comune, dato certo e dato non rilevabile, programmazione e casualità, servizi primari e aggiuntivi, concertazione o no .... e via dicendo ... parole che implicano valori fondamentali ma diversi.

Un simile chiarimento spazzerebbe via infinite "approssimazioni" a iniziare della falsa dicotomia nei confronti  del patrimonio/ "Bene Comune" : non dovrebbe esistere... è lo scopo, la "mission" sia dell'organo che lo gestisce per demanio e tutela che dell'Amministrazione del territorio su cui ricade.

Il " Bene Comune" non è il possesso o la gestione della cosa ma l'impegno affinchè questo sia "comune" e "disponibile" e "salvaguardato" e "condivisibile" per la cittadinanza di oggi e soprattutto di domani (volendo intendere che siamo parte di una cittadinanza ampia come l'Europa ).
La volontà è tangibile, gli strumenti vanno ricercati... ma sul "fine" non dovrebbero esserci incertezze: il "Bene Comune" è qualcosa di più che una parola d'ordine, è lo sviluppo sostenibile e la crescita di ogni cittadinanza.
Resta da  capire se interessa o meno assumersi la responsabilità delle proprie funzioni, atti e azioni - tenendo presente che l'omissione, in questo caso, non genera un disservizio ma "un male Comune".

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